PREHAB, LA PREABILITAZIONE
Ha ormai preso molto piede oltreoceano, ed anche qui in Italia stiamo piano piano arrivando a questo tipo di approccio.
Che significa “Prehab”?
Letteralmente, preabilitazione.
E dovrebbe essere parte di qualsiasi preparazione atletica.
UNA PRATICA TRASCURATA
Nelle preparazioni fisiche, però, molto spesso si guarda quasi esclusivamente al miglioramento della capacità condizionali (forza, resistenza, velocità) utili allo specifico sport, avendo poco riguardo per la buona funzionalità (in termini di movimento) delle articolazioni o dei vari distretti corporei.
Se ci sono però limitazioni a livello di mobilità articolare (il range attivo all’Interno del quali le articolazioni si muovono) o problematiche nel reclutare in maniera efficace determinati muscoli, non solo la performance ne risentirà, ma sarà anche più facile andare in contro ad infortuni.
Vediamo qualche esempio per capire meglio il concetto.
LIMITAZIONI DI SPALLA E COMPENSO LOMABARE
Capita che alcune lombalgie (dolori alla bassa schiena) possano essere causate da limitazioni di mobilità a livello della spalla o dell’anca.
Ad esempio, se un pallavolista avesse una limitazione nella flessione della spalla (la flessione della spalla, per chi non è pratico del gergo, è quando portiamo il braccio in alto, come nella schiacciata appunto) per impattare lo stesso efficacemente la palla andrebbe a compensare con un’estensione a livello lombare, in modo da recuperare qualche grado di movimento e riuscire ad andare più indietro con il braccio (come vediamo nell’immagine sottostante).
Alla lunga questa iperestensione potrebbe andare a “dar fastidio” alle faccette articolari delle vertebre lombari, andando a causare sintomatologie dolorose (e ancora più a lungo termine potrebbe dare il via a fenomeni degenerativi a carico delle faccette stesse).
Quindi una volta valutata la mobilità attiva nella flessione della spalla (attenzione, sottolineo questo termine, attiva. Questa è la differenza tra mobilità e flessibilità. La mobilità e il range di movimento che l’articolazione può attivamente coprire, e non è necessariamente lo stesso range che si può raggiungere in modo passivo), nel caso si trovi un deficit è necessario impostare un lavoro mirato (sia sulla mobilità a livello scapolo-omerale sia sulla mobilità a livello della colonna toracica, che influenza molto la meccanica della scapola).
LIMITAZIONI DI ANCA E COMPENSO LOMABRE
Allo stesso modo, anche una limitazione nell’estensione dell’anca (anche qui, per chi non conosce il gergo, l’anca si estende quando portiamo indietro la coscia) potrebbe essere compensata da un’iperestensione lombare ogni volta che camminiamo o che corriamo (come mostrato nell’immagine sotto: al centro un’estensione di anca “vera”, mentre a destra la coscia va indietro non perché si muova l’anca, che rimane effettivamente in posizione neutra, ma perché c’è un tilt anteriore del bacino con accentuazione della curva lombare).
L’effetto di questo sulle vertebre lombari è lo stesso che abbiamo analizzato sopra nel caso del pallavolista.
Ed anche in questo caso, impostare un lavoro mirato al miglioramento della mobilità dell’anca gioverà all’atleta in questione.
PROBLEMI DI ATTIVAZIONE MUSCOLARE
Fino a qui abbiamo parlato di articolazioni ma allo stesso modo, ci si può esporre ad infortuni di natura muscolare.
Quando un muscolo è debole o non è in grado di essere reclutato efficacemente, si rischia di sovraccaricare (ed esporre al rischio infortunio) un sinergico.
Facciamo anche qui un esempio, sappiamo che i muscoli ischiocrurali (i muscoli posteriori della coscia) agiscono in sinergia con il gluteo per estendere l’anca (qual è il movimento di estensione dell’anca lo abbiamo visto prima).
Sappiamo anche, però, che il gluteo è il muscolo che ha funzione di principale propulsore, mentre i posteriori della coscia hanno più il ruolo di stabilizzazione.
Che succede però se non siamo in grado di reclutare, e quindi contrarre, efficacemente il gluteo?
Che gli ischiocrurali si troveranno costretti a svolgere una funzione, la propulsione, al posto del gluteo. Ma questi muscoli non sono preparati a ciò, e incorreranno quindi, spesso, in infortuni.
Ripristinare la corretta funzionalità del gluteo avrà dunque due effetti: sgravare i femorali di un compito che non è il loro e quindi diminuire il rischio che si infortunino, ed anche migliorare la performance perché se il gluteo tornerà a fare correttamente propulsione ci darà maggior potenza essendo un muscolo molto forte.
Sembra dunque chiaro che prevedere, all’interno di una preparazione atletica, una valutazione delle limitazioni articolari e/o neuromuscolari e poi un lavoro mirato a correggere/ottimizzare i pattern motori, possa da un lato migliorare le prestazioni e dall’altro diminuire il rischio di incappare in infortuni.
Tutto ciò è, semplicemente, fare “prehab”.
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