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Attività motoria, attività sportiva, fitness e affini. Riflessioni sul futuro.

Discutendo negli ultimi con tempi diversi colleghi, qualcuno ha ventilato l’ipotesi che il futuro del settore possa essere, per la sua grande maggioranza, online.

Palestre virtuali, lezioni a distanza, videocorsi di fitness e quant’altro, perché se la gente lo ha fatto in questo periodo di lockdown, continuerà a farlo anche dopo, e non sentirà il bisogno di tornare in palestra ma andrà avanti ad allenarsi per conto proprio a casa.

Io credo, invece, che appena potrà farlo, molta gente tornerà in palestra.
Ci si può certamente allenare proficuamente a casa, ma ci va una certa forma mentis, e non è così comune.

Quante gente negli anni mi ha detto: “alcuni esercizi a corpo libero che faccio da te li potrei fare anche a casa… ma so che non li farei. Rimanderei sempre, qui so che ho l’impegno di venire e vengo. A casa rischierei di non fare nulla, alla fine”.

Il punto importante è questo.

Ci va una certa motivazione. Lo sto sperimentando io stesso in questo periodo, a casa ho le kettlebell, i manubri componibili, una barra per trazioni, le clave, anche un bilanciere (si, la mancanza più grande è un rack)… insomma, ho tutto l’occorrente per allenarmi in modo completo e lo faccio, ma non come lo facevo durante i primi giorni di lockdown. Semplicemente sto facendo un lavoro di mantenimento, perché onestamente sto faticando ad avere lo stimolo per fare di più.
E io una certa forma mentis “da atleta” (pur non essendolo) so di averla.
Figuriamoci chi non ce l’ha.

Questo è sicuramente un punto a favore del ritorno in palestra: avere la “spinta” a fare (oltre che una guida sempre presente, ma questa la si può avere anche a casa, toccherò questo punto in seguito).

Altro punto, l’aspetto sociale.

La gente (anche chi si allena seriamente e quindi non va solo a perdere tempo e a socializzare), in palestra ci va anche perché incontra anche persone, magari fa due parole “leggere”, stacca dallo stress della giornata lavorativa.
Questo punto a casa manca.

Per cui non credo che il futuro possa essere, per tutti, allenarsi a casa.

In favore dell’home gym ci sono comunque sicuramente anche dei punti, tant’è che ci sono molte persone che già prima dell’emergenza si allenavano a casa, in modo più o meno attrezzato (c’è chi lavora solo a corpo libero o con piccoli attrezzi, e c’è chi ha un’home gym da fare invidia a molte palestre).

Il problema di non poter essere seguiti in realtà non esiste, anche se qualcuno dirà sempre che non va bene, non ha senso, non funziona, nel 2020 il coaching online esiste e può essere fatto bene, in diverse modalità. Io stesso seguo persone a distanza con successo e molti colleghi lo fanno. Quindi si può avere un coach, una guida, tranquillamente anche da casa.

Ovviamente il coach deve essere competente ed onesto, non deve fare le cose a caso e mandare piani di allenamento prestampati facendosi sentire solo quando è ora di cambiare la scheda (e di ricevere un nuovo pagamento, ovviamente). Ma questo problema c’è in tutti i settori, c’è chi fa il suo lavoro con professionalità e chi no, ovunque.

Il punto è che essere seguiti BENE online è possibile.

Per cui chi si allena a casa l’essere seguito con profitto è possibile, questo è l’ultimo dei problemi.

I motivi per cui molti torneranno comunque in palestra, secondo la mia personale (e magari inutile) opinione sono quelli spiegati sopra: l’ambiente, la motivazione, il fatto di prendersi un impegno e quindi avere una “spinta” a portarlo avanti.

Per tutto ciò che ho detto finora, non credo che il nostro settore morirà… Ma solo se ci metteranno in condizione di non morire, chiaramente.

E qui c’è il punto dolente, strutture chiuse da almeno due mesi che non sanno quando riapriranno e non sanno se avranno la forza e la capacità economica di farlo.

Regole fatte da burocrati che in un centro sportivo o in una palestra probabilmente non hanno mai messo realmente piede in vita loro, viste certe sparate in “teoria” corrette ma incompatibili con la vira reale.

Costi in più di gestione da sostenere, che non per tutti saranno sostenibili (per esempio, per ora si parla di dover far sanificare tutto da una qualche ditta che possa rilasciare una certificazione, con dei costi ovviamente decisamente alti. Ora, è OVVIO che sia giusto pulire tutto a fondo prima di riaprire, e non credo che qualcuno possa pensare di non farlo, ma mi spiegate il senso di dover sanificare contro il virus un locale chiuso da mesi, dato che il virus sulle superfici vive solo qualche ora? Nei due mesi in cui la palestra è stata chiusa cos’ha fatto il, virus, è andato in giro con le sue gambe?).

La sensazione è che le regole vengano fatte non tanto in modo da renderle facilmente applicabili nel concreto ma, come mi ha detto il mio amico Roberto Calandra, per tutelare le alte sfere e scaricare le responsabilità su chi deve lavorare, sull’ultima ruota del carro: “Io, stato, gli impongo delle regole molto restrittive in modo che portino ad avere rischio quasi nulla. Se sono inapplicabili non mi importa, io ho dato regole strette e quindi ho fatto il mio dovere. Se poi il povero cristiano che deve lavorare non può fisicamente, anche con tutta la buona volontà, applicarle sono cazzi suoi, la responsabilità è sua, io dalla mia poltrona ho fatto il mio e sono a posto.”

Quel che mi auguro è che invece le regole per il settore vengano fatte da qualcuno che il settore lo ha realmente vissuto, che sappia come funziona.

Ma mi sa che, a vedere “il modello Italia che tutto il mondo ci invidia” (cit.), questa speranza rischia di rimanere vana.

A tutti noi del settore auguro di trovare le soluzioni e le idee che ci permettano di continuare a svolgere, al meglio, il nostro lavoro.

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