palestra

Postato originariamente il 30/06/2014 ( Il post il cui titolo è contrassegnato con “archivio” sono stati importati dal mio vecchio blog

Leggendo i commenti ai miei precedenti articoli, mi sono reso conto che a volte do per scontate alcune nozioni o alcuni termini che in realtà, per chi si sta affacciando per le prime volte a questi temi, così scontati non sono.

Dunque ho deciso di scrivere questo articolo per chiarire alcuni concetti di base.

Devo però fare una scrematura tra ciò che serve e ciò che è superfluo: potrei stare a tediarvi parlando dei tipi di contrazione, spiegando ad esempio che quella che spesso in palestra viene chiamata “contrazione isotonica” in realtà proprio isotonica non è, ma non avrebbe nessuna applicazione pratica.

Quindi, su questo, darò giusto una manciata di termini in modo che, se li dovessi nominare successivamente, (o li ritrovaste nei passati o futuri articoli) sappiate di cosa sto parlando.

Una delle classificazioni che si fanno delle contrazioni muscolari è in base a come il muscolo modifica la sua lunghezza.

Una contrazione è concentrica, quando durante la contrazione il muscolo si accorcia e i capi articolari si avvicinano.

E’ invece isometrica quando durante la contrazione la lunghezza del muscolo non cambia, e quindi anche l’articolazione rimane ferma.

Infine, una contrazione è eccentrica quando durante la contrazione il muscolo si allunga e i capi articolari si allontanano.

Per fare un esempio pratico, prendiamo uno degli esercizi biomeccanicamente più semplici, il curl con il manubrio (e facciamo anche finta, che per l’esempio tanto non cambia nulla, che l’unico muscolo interessato da questo movimento sia il bicipite, lasciamo perdere l’azione di tutti i muscoli sinergici e antagonisti).

Partiamo con il braccio teso, ed il manubrio in mano.
Solleviamo il peso: il bicipite si contrae, accorciandosi, e fa flettere il polso.
Ecco la nostra fase concentrica del movimento.

Poi inizia la fase di discesa: ovviamente non lasciamo il peso ci “tiri” giù, aprendo il gomito velocemente, ma controlliamo la discesa.
Ecco, per rallentare la discesa il bicipite continua a contrarsi, anche se si allunga. Questa è la fase eccentrica.

Immaginiamo però di fermare la discesa a metà e rimanere li, con il peso in mano, e il gomito flesso a 90°.
Il bicipite continuerà a contrarsi per tenere fermo il gomito, questa è una contrazione isometrica (in realtà questa non sarebbe una vera e propria isometrica perchè secondo alcune definizioni la “vera” contrazione isometrica è tale quando la forza è esercitata contro una resistenza inamovibile, come ad esempio contro un muro, ma ormai anche la precedente condizione, quella del curl con manubrio, è accettata come “isometrica”).

Ok, ora concentriamoci su qualcosa di utile.

Nei precedenti articoli del mio blog ho spesso nominato esercizi “multiarticolari” e “monoarticolari”.

Che cosa significa?

Beh, direi che il nome dice già tutto, ma chiariamo lo stesso:

I multiarticolari sono gli esercizi nei quali è coinvolta più di un’articolazione.

Esempi ne sono la panca piana, le trazioni (nelle quali sia il gomito che la spalla si muovono) e lo squat (ginocchio ed anca).

I monoarticolari sono, al contrario, quelli nei quali viene coinvolta una sola articolazione, e sono ad esempio il curl (gomito) e la leg extension (ginocchio).
Questi vengono chiamati anche “di isolamento”, perché si cerca idealmente di far lavorare un solo muscolo (esempio, nel curl, il bicipite).
In realtà l’isolamento vero e proprio non esiste, perché non ci sono gesti che possano richiedere davvero l’attivazione di un solo muscolo (ad esempio, sempre nel curl, oltre al bicipite si ha la contrazione del brachiale, del brachioradiale ed altri), ma in genere “di isolamento” è comunque una definizione accettata.

Al di la della questione terminologica, che mi premeva chiarire, vorrei fare alcune considerazioni:

Molto spesso mi capita di usare l’accezione “esercizi base” per indicare i multiarticolari.
Questo perché secondo il mio punto di vista i multiarticolari devono assolutamente essere la “base” di ogni programma di allenamento, mentre i monoarticolari sono un “di più” che molto spesso io ritengo superfluo ed inutile.

Perché dico questo?

I motivi sono molteplici:

Con i multiarticolari non alleniamo semplicemente un muscolo, alleniamo una catena cinetica.

Come conseguenza al punto precedente, visto che nei base sono interessati più muscoli, anche il dispendio energetico sarà maggiore rispetto ad allenare un singolo muscolo (fattore che può diventare importante nel caso in cui ci alleniamo in ottica dimagrimento).

Con i base il lavoro non è soltanto “muscolare”, ma ha delle forti componenti neurali e neuromuscolari: è necessario imparare la tecnica, acquisendo lo schema motorio dell’esercizio, e migliora la coordinazione intermuscolare, cioè tra i vari muscoli della catena cinetica interessata.

Permettono di arrivare a gestire carichi alti (pensiamo ad esempio che nello stacco da terra è relativamente facile arrivare a sollevare almeno il doppio del proprio peso corporeo), e di conseguenza permettono di dare uno “stimolo” elevato.

I base hanno transfer sui monoarticolari (cioè, migliorando sul base di conseguenza si migliorerà anche sul monoarticolare). L’opposto invece difficilmente avviene, se non nelle primissime fasi.

Quindi, ribadisco che la mia personale opinione (nonché la metodica che mi ha sempre portato a fare avere risultati alle persone che seguo), come descritto nel mio articolo sulle linee guida per la crescita muscolare, è che l’allenamento debba essere impostato principalmente su (pochi) multiarticolari pesanti.

Come sempre ora vi starete chiedendo: “ok, ma nel concreto come lo imposto?”.

Sull’ e-magazine Body Science c’è la possibilità di comprare, a pochissimi euro, una mia guida completa e dettagliata su un programma di 3 mesi di allenamento.
In alternativa, qui (click!) e qui (click!) trovate due idee semplici ed efficaci di un collega, il dott. Tortora, con cui sono molto in sintonia per quanto riguarda la linea di pensiero sull’allenamento.

Comunque, tornando ai chiarimenti terminologici, vero scopo di questo articolo, devo fare una precisazione: prima ho scritto che spesso uso come sinonimi “esercizi base” ed “esercizi multiarticolari”.
In realtà non è proprio così. Per quanto io consideri basilari molti multiarticolari, ce ne sono alcuni che, passatemi la licenza poetica, sono “più base” degli altri.

Sto parlando delle powerlifts, le tre alzate del Powerlifting, cioè la Panca Piana (Bench Press), il Back Squat, e lo Stacco da Terra (Deadlift).
(Avrete notato che i nomi dei 3 esercizi sono cliccabili: i link rimandano alle sezioni del nostro Forum nelle quali si discute specificamente della tecnica di esecuzione proprio degli esercizi principali)

Bene, direi che un po’ di carne al fuoco l’abbiamo messa.

Marco Testa

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